Le strutture e le tecnologie wellness in hotel

Riportiamo un vecchissimo adagio-regola sulla gestione dei centri fitness sportivi: “Ogni metro quadro di spazio deve rendere un tot”. Il postulato parrebbe ovvio, ma la realtà vissuta non è stata così
L’analisi delle strutture
Il guaio è che invece di trasferirsi, questa necessità di resa per metro quadro degli spazi wellness che gli hotel sono costretti a piazzare per ragioni di brand, stelle e pubblicità sul sito web, ha contagiato persino i centri fitness con la sindrome del non-luogo, con tanto fumo e poco arrosto. Sparivano improvvisamente spazi per le attività, gli spogliatoi diventavano sempre più piccoli, le docce tendevano alla caserma militare per far spazio alle lounge-area “di tendenza”.
Per fortuna qualcuno si è accorto che iniziare a perdere metri quadri e più specificamente redditività-per-metro-quadro non era, alla lunga, una buona soluzione. Il punto è che oggi le palestre dei grandi alberghi sono architetturalmente ineccepibili, tecnologicamente sovra-dimensionate, ma gli spazi sono ancora concepiti come se si trattasse di un centro fitness miniaturizzato. Dello spirito dell’Hotel o dell’Hotel network non c’è nulla. Non c’è un progetto. Non dovrebbe essere così e questo segnala: a) che la disposizione degli spazi è stata fatta dallo stesso Studio che ha disegnato l’hotel senza concertarsi con un esperto di flussi di wellness potenziali su quei metri quadri disponibili; b) che non è stato stabilito se le aree di attività vanno bene lì o se è stato utilizzato solo l’angolo disponibile dell’albergo; c) che l’hotel, direttamente in accordo col player che gli fornirà a buon prezzo le attrezzature su tutte le altre strutture, gli ha lasciato anche “disegnare” gli spazi. Tutto dal pc, con dei bei rendering e una bella presentazione che accontenta l’occhio, ma scontenta il portafogli.
Ovvio che se dovrò attrezzare trenta o quaranta aree wellness, quando si tratta di hotel-network, farò il mio gioco. Anche in questo caso lungi da noi nomi e cognomi, ma restiamo a testa bassa sull’Hotel (e del suo cliente) che deve comandare il gioco. Comandare il gioco nella realizzazione di uno Spazio Wellness ad hoc in hotel significa che la struttura avrà un suo referente/intermediatore/intercettore di quello che sarà il servizio wellness erogato su quegli spazi in funzione del bacino gravitazionale. Tale figura sarà presente prima che si realizzi lo spazio, durante per controllarne l’erogazione e dopo, nel tempo, per ritararla, visto che le attività di fitness sono a rapida obsolescenza. Tempo un mese e un corso di “Power-Yoga” può svuotarsi. Per fare un esempio sul versante Spa, è evidente che un hotel a 700 metri d’altezza ne favorirà l’utilizzo, mentre una città come Milano, con offerta Spa diffusissima, comporterà scelte strategiche conseguenti: saranno certamente più funzionali delle mini luxury Spa personalizzate, destinate a un certo target-camere. Tornando sul fitness, è altrettanto ragionevole che inserire un’area Wellness di grande dimensione, di grande impatto, investendo molto nel senso del lucro cessante e danno emergente (dalla riduzione del numero di camere che potevano inserirsi), non possa che prescindere da una previsione di uso/utilizzo di quello spazio su clientele esterne upper-scale attigue alla struttura. Dimentichiamoci del cliente hotel, non è lui che detta la strategia: è in minoranza e sempre lo sarà. E spero che una volta per tutte questa questione sia chiusa, perché tale aspetto dell’analisi continua a non essere compreso.
Esattamente come trenta centri fitness, poi, trenta hotel non possono avere lo stesso spazio wellness copia-e-incolla a Milano o Napoli. I network di palestre che operano con gli standard spaziali sono i low–cost e gli hotel non lo sono. Già per ragioni climatiche è normale un diverso uso/utilizzo (uso nel senso di giorni annuali di apertura, utilizzo nel senso di quante ore al giorno) degli spazi destinati al Wellness&Spa service. Se sono a Milano provo un risotto con ossobuco, a Napoli una bella caprese. Contestualizzo, glocalizzo. Altra osservazione: non di rado si trovano Wellness Room distanti dalle aree Spa, incongruenza clamorosa nella “filiera delle attività”, perché se effettuo una seduta agli attrezzi, l’accesso Spa dovrà essermi consentito senza discontinuità di percorso che mi costringano a gironzolare con l’accappatoio, o a rivestirmi e poi svestirmi di nuovo. Ma l’incongruenza è anche il suo esatto contrario, ovvero: aree spogliatoi comuni dove chi proviene dalla spa e dalle piscine, bagnato dalla testa ai piedi, non deve incrociarsi con un cliente asciutto che sta per entrare nell’area Wellness. Dettagli, ma l’elenco è curioso e inesauribile nonostante ogni piccola sfumatura a livello di alta hotellerie impatti sul cliente “pretenzioso”, decretando vittoria o sconfitta. Ma in fondo è più importante lo sky-line. Che vale però solo sul sito web e nel tour iniziale, non nella fruizione diretta del servizio che decide, appunto, chi vince e chi perde il match col competitore. I tour commerciali funzionano nelle palestre low-cost (e sono due) non negli hotel d’alto profilo. Come suol dirsi nel nostro campo: è il rinnovo iscrizionale che conta, non la prima membership.
L’analisi delle tecnologie
Come premesso non saranno fatte citazioni sui produttori di attrezzature che fanno il loro gioco e il loro lavoro. Tuttavia, quando si entra in una Wellness Room, si hanno due sensazioni. La prima è che la gestione-hotel, che sia struttura singola, gruppo proprietario familiare oppure hotel appartenente a un network, non abbia idea del rapporto che deve esserci tra metri quadri disponibili e lay-out tecnologico adatto. Solo per fare un esempio, se in un hotel c’è richiesta (o si prevede tale) di servizi di personal wellness da parte di clientele extra-hotel locali, logico disporre di un rack-manubri tradizionale ampio, soluzione che ha avuto un’evoluzione estetica apprezzabile. I manubri arrugginiti di una volta, per intenderci, sono stati sostituiti da tools gommati ed elegantemente concepiti. Ma è ovvio che dal lato produttore è meglio proporre un bel numero di postazioni cardio, alcune delle quali non saranno mai utilizzate. Ogni postazione, infatti, ha un proprio contatore di chilometri e in parecchie circostanze le attrezzature potevano essere rivendute come un’auto a chilometro zero. Tuttavia il costo-di-prodotto sulla singola postazione cardio è alto, e qui lascio al lettore le considerazioni. In ogni caso, il vecchio rapporto tra stazioni cardio e stazioni isotoniche che una volta aveva parametri precisi e definiti in percentili, nell’hotellerie dovrebbe essere valutato hotel per hotel. Ridurre le disponibilità di manubri per allenarsi perché sono sul mercato manubri intelligenti che con un click passano da un peso all’altro va benissimo se si usa la Wellness Room da soli o a casa. Malissimo se si è già in due, perché quel vantaggio diventa uno svantaggio: il cliente “pretenzioso” come me non può attendere in un contesto executive. Se aspetta troppo se ne va silenzioso, senza dire nulla. E nessuno capisce perché, anche se la Wellness Room è spaziale con vista su Milano, Firenze, Roma, Napoli.
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