150 anni in mostra all’Archivio della Galleria Campari e di Magnum Photos

150 anni in mostra all’Archivio della Galleria Campari e di Magnum Photos

Un’esperienza affascinante ed emozionante visitare l’antica fabbrica della Campari trasformata dall’architetto Mario Botta nel 2010 per il 150° dell’Azienda – fondata nel 1904 da Davide Campari – nella sede della Direzione – che gestisce i tradizionali prodotti ed altri primari marchi nel settore “spirit” – e in Spazio Museale riservato alla stupenda raccolta Campari e a eventi temporanei

 

 Donna che prepara Campari con Seltz, anno 1930, Arch. Galleria Campari

L’Archivio Galleria Campari è una pregevole collezione – frutto di perspicace intuito e di campagne pubblicitarie innovative capaci di coniugare arte e design con cultura e creatività italiane – con più di 5500 opere (esposte sia in originale, sia in versione multimediale) su carta (affiche del Liberty, manifesti e grafiche pubblicitarie dagli anni ‘30’ai ’90 di artisti quali Marcello Dudovich, Leonetto Cappiello, Fortunato Depero, Guido Crepax, Bruno Munari e Ugo Nespolo), spot, caroselli e progetti di famosi registi come Federico Fellini, Paolo Sorrentino, Matteo Garrone… oltre a oggetti di rinomati designer quali Matteo Thun, Dodo Arslan, Markus Benesch e Matteo Ragni.

Se un’esperienza straordinaria è visitare la collezione non è certo da meno ripercorrere circa un secolo tramite l’esposizione temporanea “Bar stories on Camera, Galleria Campari /  Magnum Photos fino al 30 aprile 2024, un affascinante e coinvolgente viaggio nel frizzante “mondo del bar” attraverso 90 fotografie: 48 dall’Archivio storico Galleria Campari e 42 di 24 fotografi internazionali dell’agenzia Magnum Photos. Quest’ultima, nata nel 1947 come cooperativa fondata (narrano le cronache delibando un magnum di champagne molto amato da Robert Capa) da Capa, Henri Cartier Bresson, George Rodger, David Seymour detto Chim, William Vandivert (con la moglie Rita che presiede la cooperativa e gestisce l’ufficio di New York: entrambi lasciano la Magnum nel 1948) e Maria Eisner, fotografi i cui eccellenti stili si sono fusi in una cooperativa divenuta un mito ambitissimo anche oggi.

 

Tutto ciò a un passo da Milano: Sesto San Giovanni – oggi il comune più popoloso della città metropolitana di Milano – di origine romana come dimostra il nome “Sesto” che ne indicava la distanza da Milano alla sesta pietra miliare (o sesto miglio) e “San Giovanni” a significare la dipendenza iniziale dall’omonima Basilica di Monza e dal suo territorio. Nel XIX secolo nascono i primi insediamenti industriali a cominciare dal tessile insieme alla costruzione o ampliamento delle ville dei proprietari, alla nascita della ferrovia Milano-Monza e della Tramvia Milano-Monza a conduzione equina poi elettrificata a inizio del XX secolo quando la cittadina è diventata una delle più ampie concentrazioni industriali italiane con un incremento notevole degli abitanti: numerosi gli operai per i quali  molte aziende costruiscono alloggi ad hoc. Un progresso economico che s’incrina negli anni ’90 quando chiudono le fabbriche storiche (ultima nel 1996 la Falk) e Sesto San Giovanni si trasforma da polo industriale a centro del terziario avanzato.

 

Campari in realtà vede la luce nel 1860 a Novara grazie alla creatività di Gaspare Campari che dall’infusione di piante aromatiche, erbe amaricanti e frutta in una miscela di alcool e acqua crea il Bitter Campari, bevanda alcolica – la cui ricetta segreta non è mai più stata modificata – dal gusto intenso e dal colore rosso vivo. Trasferitosi a Milano, dopo una prima esperienza, il nostro apre il Caffè Campari con annesso laboratorio nella neonata Galleria Vittorio Emanuele II (fulcro della vita culturale e sociale dell’epoca) nel punto in cui si affaccia su Piazza Duomo e nel 1867 nasce Davide. L’aumentata popolarità e l’incremento della richiesta anche a livello internazionale inducono nel 1904 il giovane figlio ad aprire gli stabilimenti produttivi a Sesto San Giovanni e nel 1915 il celebre Camparino (in Galleria, foto: Piazza del Duomo Bar Campari, 1919-20, Archivio /Archive Galleria Campari), locale pionieristico per la tecnologia usata e divenuto da subito un’intramontabile icona meneghina: è qui che si afferma la moda dell’aperitivo come momento importante di socializzazione di cui tratta la mostra temporanea. Davide, degno emulo del padre, è un vulcano di creatività: i mitici e intramontabili Americano e Negroni, il legame con il mondo dell’arte come a esempio con Leonetto Cappiello che disegna lo Spiritello avvolto in una buccia di arancia e con Fortunato Depero e i suoi eccezionali manifesti per non parlare del disegno della sua celeberrima bottiglietta del Campari Soda, primo mix pronto all’uso… la storia della Campari ha un fascino straordinario e la tentazione di raccontarla tutta è forte, ma si lascia al visitatore la gioia di scoprirne il resto.

Le radici lontane del bar

Se la Campari ha un vero e proprio museo in cui si intrecciano storia, economia, arte e costume, la mostra temporanea completa il racconto di un percorso che, oltre all’intraprendenza economica e culturale dei Campari, analizza la pulsante vita che con aspetti diversi ha connotato la storia dei bar in un divenire che apre un ampio spaccato sull’evoluzione della società. Cercare le radici lontane del bar significa forse arrivare ai primordi della comparsa dell’uomo sulla terra e alla sua innata tendenza a socializzare, ciò vale per tutti i popoli nei vari momenti storici: pare che in Mesopotamia già intorno al 4000 a. C ci siano stati luoghi in cui la birra era occasione di aggregazione. Considerato che i bar nel momento in cui nascono con tale nome assumono anche caratteristiche territoriali, ci si limita a qualche cenno anche per indurre tutti, compresa chi scrive, a compiere una seria e non raffazzonata indagine che apre a mondi affascinanti e misteriosi.

Molti si ricorderanno di avere visto sui libri scolastici immagini delle tabernae dell’antica Roma – poste nei luoghi aggregativi quali foro, terme, anfiteatri, strade … – foriere di convivialità degustando piatti caldi o olive e legumi secchi annaffiati da merum cioè vino puro (al riguardo nasce il sospetto che l’adulterazione sia un vizio antichissimo e irrinunciabile per l’uomo se i Romani che già avevano il termino vinum per definire il vino abbiano dovuto coniare il termine merum per indicare quello non annacquato) o dolcificato o aromatizzato con varie spezie. Né vengono meno in tempi posteriori le varie strutture di accoglienza per chi si incontra con amici e parenti per stare insieme a mangiare e bere.

Nei secoli successivi, sarà la bevanda del caffè a divenire elemento di coesione e a dare il nome al locale che la produce. Il caffè viene da lontano e precisamente dall’Etiopia: che sia arrivato in Europa verso il XVI secolo tramite l’esperienza egiziana del medico botanico Prospero Alpini o quando i Turchi (nell’Impero Ottomano tale bevanda è già nota) sono stati “dissuasi” dal prendere Vienna, è certo che nel ‘700 a Venezia le botteghe del caffè – come testimonia ancora oggi il “Caffè Florian” con la sua aura antica – si diffondono come luogo di aggregazione e diffusione di idee, notizie e pettegolezzi. Impossibile non pensare al commediografo Carlo Goldoni che rende La bottega del caffè “protagonista” di una commedia.

Tra il XIX e il XX secolo la scritta Caffè è sostituita dal termine Bar di derivazione anglosassone viste la nascita dell’American Bar d’Europa a Parigi e a Londra e le molte interpretazioni etimologiche: la più accreditata fa riferimento a sbarra/bancone che lo connota. Vi si servono anche i cocktail, bevande miscelate dai colori e profumi affascinanti: in Italia a usare per primo tale termine sembra essere Alberto Manaresi, un imprenditore che nel 1898 apre il primo locale con tale nome a Firenze utilizzando le tre lettere come sigla per “Banco A Ristoro”. Da locali elitari i bar si trasformano pian piano in popolari soprattutto negli anni del boom economico, complici anche la nascita della televisione nel 1954 e il suo folgorante successo. I titolari di bar acquistano apparecchi televisivi che attirano molti a vedere “Lascia o raddoppia” o sceneggiati o partite di calcio creando una nuova socialità che comunque ha un po’ i segni dello stare insieme nei piccoli paesi del passato. Molto importanti ancorché poco ricordati i bar delle navi passeggeri in cui si trascorrono lunghi giorni in solitudine: chi viaggia solo trova nel barman un confidente, un amico, un consigliere e uno psicologo davanti a un cocktail che cancella tedio, preoccupazioni e ansie. Insomma il bar diviene uno dei simboli italiani dove ancora oggi si va per soddisfare il corpo e lo spirito svolgendo così un ruolo importante nelle nostre vite.

La mostra “Bar stories on Camera, Galleria Campari/Magnum Photos”

Entriamo allora nella mostra alla Galleria Campari con l’emozione di chi attraverso la storia del mondo del Bar vuole rivivere fasi della propria vita o di chi può conoscere e approfondire la storia della società attraverso autentiche immagini di vita vissuta. Tre le sezioni tematiche che narrano storie, riti e personaggi italiani e mondiali disvelati e riportati in vita dal sinergico dialogo tra media, supporti e immaginari differenti per evidenziare il ruolo svolto dal “Mondo del Bar” che si occupa a 360° gradi di molte espressioni del vivere divenendo un incomparabile compagno pronto ad adattarsi al mutare di usi e costumi di ciascun luogo.

In Sharing Moments si possono ammirare – provenienti sia dall’Archivio Galleria Campari sia da Magnum Photos – estemporanei scatti di vita nei locali: rito del caffè, aperitivo, momenti conviviali, lettura in solitaria di un quotidiano, “vibrazioni” di un cocktail e di note di un pianoforte, tintinnio luccicante di bicchieri, insegne luminose sulle vetrine, luci dei banconi e soprattutto il “respiro” di baristi, musicisti, camerieri e in primis le emozioni degli avventori, piccoli furti di esistenza vissuta! Volti noti, star mondiali o perfetti sconosciuti: tutti godono il loro momento di relax! Momenti che sono narrati anche dai protagonisti di settore nei paragrafi dei più noti libri di cocktail, straordinaria e raffinata arte del sapere miscelare!

 

Esercizio Zanarini, Riccione, anno 1940, Archivio/ Archive Galleria Campari

In Bar Campari le foto storiche dell’Archivio Campari raccontano la poliedricità di tali bar, a cominciare da quello storico di inizio ‘900 della Galleria milanese, in dialogo con altri brandizzati come insegne, luci al neon, allestimenti sulle spiagge italiane o sui battelli di note località di villeggiatura degli anni ’60 a testimonianza della dinamica ripresa dell’Italia e della veridicità degli splendidi manifesti pubblicitari di quegli anni: si trattava e si tratta di riconoscere l’eccellente qualità del Bitter Campari, unico e inimitabile dall’Unità d’Italia, anzi suo precursore.

 

Vatican city, St. Peter’s Square. 1953. © George Rodger / Magnum Photos

Infine in The Icons la Magnum Photos presenta scrittori, artisti, attori… – che occupano la ribalta della cronaca anche sorseggiando i cocktail preferiti in locali iconici – “scovati” dagli attenti e vigili fotografi della Magnum come a Milano nel Camparino in Galleria o a New York nel bar del Waldorf-Astoria, luoghi simbolo di un’epoca rappresentati da figure altrettanto paradigmatiche quali i Barman che hanno contribuito a renderli famosi.

Da non perdere Campari Memories, area che espone una ricca selezione (proveniente dall’Archivio Campari) di ricettari e libri sui cocktail da fine ’800 agli anni 2000 insieme a ephemera (cose effimere che durano un solo giorno) originali appartenenti al mondo del bar quali carte intestate, menù, attrezzi per la miscelazione, bicchieri, locandine e oggetti pubblicitari: un tuffo a 360° in un passato ancora vibrante di vita e gusto.

Una mostra che dà un sapore più intenso ai cocktail che si sorseggiano dopo averla delibata!

Wanda Castelnuovo

 

Foto copertina: Bar su tram brandizzato, anni Cinquanta / 1950s, Archivio / Archive Galleria Campari

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