A colloquio con FIPE. Nelle attività turistiche la professionalità fa la differenza

A colloquio con FIPE. Nelle attività turistiche la professionalità fa la differenza

E’ allarme occupazione nel comparto dell’ospitalità dove tra ristoranti, bar e hotel mancano maestranze per servizi di sala e cucina. La Ristorazione è un mix di valori – economia, comunità, cura, cultura, memoria e ambiente-, importante per due filiere strategiche per il nostro Paese: l’Agroalimentare il Turismo. Ne parliamo con il Presidente di Fipe – Confcommercio Lino Stoppani

 

La crisi di personale per alberghi, bar e ristorazione non è una novità di questi mesi, da tempo se ne avvertiva il problema, acuito poi dagli anni del Covid e dalla difficoltà, proprio per la pandemia, di poter completare o definire prima che inizi la stagione i tempi dei contratti stagionali.

Ne abbiamo parlato con Lino Stoppani, il Presidente nazionale di FIPE, la Federazione dei pubblici esercizi che fa parte di Confcommercio; ecco le sue risposte sulla situazione del settore Food & Beverage.

D. Secondo lei Presidente quali sono i nodi per risolvere il problema del personale che manca negli alberghi, specie in quelli di fascia medio alta come nei ristoranti e nei bar (forse in minor misura)? Contratti stagionali ridotti a causa delle stagioni più brevi? Paghe scarse sotto il livello medio per tali prestazioni anche in giornate festive? Scarsa voglia dovuta anche al “Reddito di cittadinanza” o che altro?

R. L’emergenza personale è la prevedibile conclusione di problemi strutturali del mercato del lavoro che sono prepotentemente usciti con la ripresa del lavoro.

Questi problemi sono solo in parte connessi alle (presunte basse) retribuzioni, ai (pesanti) orari di lavoro o agli effetti distorsivi delle generose politiche di sussidio che attivano spirali di accidia, pigrizia e disimpegno.La ragione più grave sta nella debolezza delle politiche attive del lavoro, istituite per riqualificare e rinnovare vecchie nuove competenze, per orientare le persone verso i settori che assorbono manod opera, che avrebbero bisogno di un più forte e diverso impegno, superando l’attuale sistema concentrato, invece, sulle politiche passive.

In Italia, poi, si sconta anche un problema demografico, che non favorisce il vivaio dei mestieri, che potrebbe essere tamponato con una lungimirante politica nei flussi migratori. Infine, esiste una delicatissima e dilagante questione culturale sui temi del lavoro, per cui è sempre più difficile accendere orgoglio e passione, mentre è sempre più facile creare disagio, mortificando personalità e spegnendolo motivazioni.

D.    Certo non ha aiutato la situazione generale post covid con la guerra in Ucraina a cui hanno fatto seguito la crisi energetica con bollette incontrollate e l’inflazione in crescita esponenziale con la crescita dei costi delle materie prime. Il lavoro è sacrificio, ma bisogna ripristinare i valori che si sono perduti…

R. Certamente il contesto ha generato derivate di ogni tipo: umanitaria, politica ed economica. I giovani, però, amano il mondo della ristorazione, non solo come avventori, ma anche come scelte di vita quando decidono di intraprendere l’avventura imprenditoriale (il nostro settore è tra i primi settori per tassi di imprenditoria giovanile). Lavorare nel settore significa, però, conoscerlo dalle fondamenta, a partire dei sacrifici che richiede.

Durante il periodo della pandemia si è ingigantito il fenomeno della Great Resignation, con tantissimi giovani che hanno dato dimissioni volontarie per cercare condizioni di vita più vicina al loro ideale e ai loro bisogni. Legittimo, e se vogliamo anche sintomatico, di una generazione che pretende coerenza tra vita e valori. Il rischio, però, è quello di perdere cognizione della realtà, trascurando i passaggi edificanti della personalità, non cogliendo così i valori del lavoro umile e l’insegnamento che solo la fatica produce. In questo percorso di crescita umana, fondamentale il ruolo della scuola, in aggiunta a quello delle famiglie.

D.    Parliamo di offerta turistica di qualità per il nostro Paese ma spesso manca una adeguata formazione per supportare la qualità delle strutture con personale preparato. Sappiamo che l’elemento umano può fare e fa la differenza e fidelizza i clienti. Come si può uscire da questa fase difficile sapendo che anche le scuole alberghiere hanno subito un deciso calo di iscritti? Dopo il boom dell’anno scolastico 2014-2015, con 64.296 “primini” si è registrata una inarrestabile discesa, fino al dimezzamento delle iscrizioni per il prossimo anno scolastico.

R. Nei settori a forte componente di servizio come le attività turistiche, la professionalità fa sempre la differenza. La professionalità è un concentrato di veri valori del lavoro: competenze, ambizioni, passione, determinazione, sacrificio. Il settore sconta oggi anche un problema di attrattività, che dipende da tanti fattori esterni all’impresa, ma anche da poca lungimiranza di alcuni nostri imprenditori.

Sui primi ritorno alla necessità di ridare valore al lavoro impegnato, che è essenziale per la dignità della persona, perché costruisce e forgia caratteri, permette il raggiungimento delle proprie ambizioni, dà spazio alle qualità, rafforza l’identità umana, gratifica la coscienza.

In altre parole, nel lavoro ci si realizza e ci si rende conto del proprio valore come persona.

In aggiunta, però, i nostri imprenditori devono investire sul loro Personale, dando retribuzioni e condizioni di lavoro adeguate alle aspettative e alle professionalità, avendo cura di loro come quella normalmente riservata ai clienti. Se c’è coesione di intenti, collaborazione e rispetto si costruiscono e si consolidano “brigate” allenate a sostenere qualsiasi turbolenza.

 

D.    Quali stime fate attualmente, rispetto agli anni pre Covid, in merito al calo di dipendenti nel settore dei pubblici esercizi?

R. Oggi rispetto al periodo pre-pandemia abbiamo un livello occupazionale inferiore di circa 200 mila unità. La metà di coloro che sono usciti dal settore aveva un contratto a tempo indeterminato ed è questo il fenomeno che spiega le attuali difficoltà delle imprese nella ricerca di personale. Da una nostra indagine risulta che quasi tutte le imprese con dipendenti hanno avuto e continuano ad avere problemi nel reperimento di figure professionali soprattutto se qualificate.

Per quanto riguarda la prossima stagione, nei tre mesi estivi (giu-ago) prevediamo che le imprese avranno bisogno di personale aggiuntivo nella misura complessiva di 90 mila unità. Possiamo stimare in almeno il 30% (circa 27 mila persone) la quota di difficile reperimento sia per mancanza di candidati che per mancanza di profili professionali adeguati. A mancare sarà principalmente il personale di sala come d’altra parte si rileva dall’elevato numero di richieste che proviene proprio dai ristoranti.

D. Veniamo al nostro Festival sull’alto Garda. Ci sono nicchie di mercato da rilanciare legandosi ai prodotti del territorio, la nostra ricchezza ed unicità. L’evento ha dato già segnali positivi ma ci aspettiamo di più per il futuro proprio legando la Vs. Federazione ai ristoratori ed albergatori del territorio. Come già sta facendo l’alta ristorazione anche la fascia media può dare un’offerta più ampia sia sul pesce che su altre peculiarità locali, dall’olio ai vini; bisogna convincersi che anche al turista che viene sul Garda si deve offrire di più. Può essere un volano per tutta la nostra filiera agroalimentare, lei che ne pensa Presidente?

R. La Ristorazione è un condensato di valori – economia, comunità, cura, cultura, memoria e ambiente -, importante per due filiere strategiche per il nostro Paese: l’Agroalimentare e il Turismo.

Per l’Agroalimentare costituisce formidabile strumento di valorizzazione, promozione e commercializzazione delle eccellenze eno-gastronomiche, mentre per il Turismo costituisce primario fattore di attrazione (il cibo è il secondo motivo per il quale lo straniero sceglie l’Italia come destinazione turistica ed è, invece, il primo motivo per il quale vi ritorna).

Nonostante questi valori, l’Italia, a differenza di tanti altri Paesi, non ha politiche governative sulla ristorazione, con competenze frazionate sui tanti Ministeri che impediscono una coerente e unica visione per valorizzare il settore che, che portano poi alla sistematica lesione del principio economico “stesso mercato, stesse regole” che genera concorrenza sleale, dequalificazione e confusione nell’offerta.

La Ristorazione è strategica per la nostra economia (86 miliardi di fatturato, 1 milione di addetti, 300 mila imprese – dati 2019) e ancora di più è portatore di valori sociali, storici, culturali antropologici, che sostengono la nostra comunità e rafforzano lo stile di vita e il modello di consumo italiano, apprezzato, stimato e… copiato in tutto il mondo.

 

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