La settimana di Ferragosto non salva il turismo. A luglio crollo vertiginoso: presenze meno 51%

La settimana di Ferragosto non salva il turismo. A luglio crollo vertiginoso: presenze meno 51%

È ancora crisi per l’intero settore e gli alberghi italiani. “La crisi non si risolve con i pannicelli caldi – afferma Bocca – al governo chiediamo una risposta concreta e tempestiva. I dati del mese di luglio parlano da soli e sono ben lontani dalla narrazione favolistica che qualcuno si ostina a rappresentare”

Per Confindustria Alberghi malgrado le strutture aperte non siano neppure al 50% del totale, siamo ben lontani dal tutto esaurito che da sempre caratterizza questo periodo dell’anno. I mesi successivi al lockdown, che ha paralizzato il settore turistico imponendo di fatto la chiusura di oltre il 95% degli alberghi in Italia, sono stati caratterizzati da un andamento delle riaperture lento e discontinuo nelle diverse destinazioni.

Il monitoraggio Confindustria Alberghi che da giugno fotografa settimanalmente l’andamento del settore vede una consistente percentuale di strutture chiuse ormai dall’inizio di marzo e che in molti casi non hanno la possibilità di riaprire neanche nell’immediato futuro. Si tratta soprattutto di alberghi nelle città d’arte dove è chiuso il 67,3% delle strutture, ma all’appello non mancano le destinazioni balneari, dove il 17,3% degli alberghi non ha potuto riaprire per la stagione 2020 e quelle termali, con il 6% delle realtà ancora ferme.

La debolezza della domanda, sia in termini di numero di clienti ma anche di durata dei soggiorni – un fenomeno che colpisce sempre di più anche le destinazioni balneari – si conferma particolarmente critico per il settore. Le attese, seppur nettamente al ribasso rispetto allo scorso anno, si sono scontrate con una realtà dei fatti ben peggiore e molte aziende che, con coraggio, avevano scelto di riaprire, alla luce di queste settimane e del quadro epidemiologico dei Paesi vicini, stanno valutando di chiudere nuovamente.

La parabola discendente sembra decisa a non arrestarsi neanche ad agosto: dopo un giugno e un luglio disastrosi sul fronte dell’occupazione delle camere – i pochi alberghi aperti delle nostre città d’arte, il fiore all’occhiello del nostro turismo, hanno registrato un Tasso di Occupazione Camere di poco superiore al 10% ( -70% rispetto al 2019), il crollo dei prezzi di vendita su agosto, registrato nel 60% delle strutture aperte, continua a testimoniare quanto carente sia ancora la domanda nei nostri alberghi.

Sul fronte occupazionale, la debolezza della domanda non consente alle aziende di richiamare in servizio tutti i propri lavoratori. Ancora oggi infatti l’83% delle imprese dichiara di lavorare con un organico ridotto di rispetto a quello dello scorso anno (addirittura nel 30% dei casi con meno della metà del personale del 2019).

Continua ad essere importante il ricorso agli ammortizzatori sociali (oltre il 60% contro l’84% delle primissime rilevazioni) e aumenta il numero di aziende, più del 40%, che dichiarano minori assunzioni di personale stagionale sia nelle destinazioni leisure che in quelle di città. Dato ancora più significativo questo se si considera che inizialmente le rilevazioni di giugno vedevano coinvolte circa il 20% delle strutture. Una crisi più lunga e profonda di quanto si poteva pensare nei giorni del lockdown, che mette seriamente a rischio la sopravvivenza del settore.

L’osservatorio turistico alberghiero di Federalberghi

Il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, commenta così le risultanze dell’osservatorio turistico alberghiero di Federalberghi, che da oltre trent’anni monitora mensilmente il mercato, ed ha registrato un crollo vertiginoso anche nel mese di luglio, con un calo delle presenze del 51%. Gli stranieri continuano a latitare (meno 76,4%) e il calo a doppia cifra interessa anche gli italiani (meno 24,5%).

Ancor più tragico è il consuntivo dei primi sette mesi: nel periodo che va da gennaio a luglio le presenze sono calate del 67%, con una riduzione del 57,5% dei turisti italiani e del 76,7% dei turisti stranieri.

Ad oggi, le strutture turistico ricettive italiane hanno perso oltre 159 milioni di presenze, e le proiezioni sull’intero 2020 dicono che ne andranno in fumo ulteriori 116 milioni.

“Una tale catastrofe – prosegue Bocca – non può essere curata con i pannicelli caldi che abbiamo intravisto nelle bozze del decreto che il Governo si appresta ad emanare”.

“Alcuni punti del provvedimento sono a dir poco deludenti e – se non interverranno modifiche – arrecheranno ben pochi giovamenti alle imprese del turismo. Ad esempio, riservare gli esoneri contributivi alle imprese che cessano del tutto il ricorso alla cassa integrazione, significa non aver capito che l’uscita dal pantano sarà faticosa e graduale: non è realistico pensare che un albergo dall’oggi al domani possa richiamare in servizio tutto il personale. E se sarà confermato l’intendimento di riconoscere gli incentivi unicamente per le assunzioni a tempo indeterminato, saranno escluse tutte le attività stagionali”.

“Da mesi ci sgoliamo per chiedere di correggere una formulazione della norma sull’IMU, per tener conto delle esigenze delle imprese in affitto. È esasperante constatare la disattenzione che si registra nei confronti di questo problema. Chiediamo inoltre che i bar e i ristoranti degli alberghi non vengano discriminati e possano godere delle medesime agevolazioni che sono state previste per tutti gli altri pubblici esercizi e per gli agriturismo”.

“Ieri sera – conclude Bocca – abbiamo presentato un insieme di suggerimenti che, senza stravolgere l’impianto del decreto, consentirebbero di recepire alcune istanze di primaria importanza. Al Governo chiediamo una risposta concreta e tempestiva.

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