Sale la bolletta energetica per alberghi e ristoranti a +164% in 1 anno

Sale la bolletta energetica per alberghi e ristoranti a +164% in 1 anno

Dall’anno scorso più che quintuplicati i prezzi sui mercati internazionali di gas ed elettricità. Rischio impennata carburanti: +21 mld per autotrasporto. Il sistema energetico italiano deve ridurre la dipendenza da forniture estere 

La guerra in Ucraina, scoppiata il 24 febbraio scorso, ha innescato una ulteriore crescita del costo del petrolio che si aggiunge alla già forte crescita al rialzo dei prezzi dell’energia, in atto da alcuni mesi, con incrementi di circa il 50% delle quotazioni del gas e dell’elettricità sui mercati internazionali. L’Europa dipende in modo esagerato dalle risorse energetiche russe: il 40% del gas che utilizziamo arriva da Mosca (un quarto passa dall’Ucraina) e la Russia è anche il principale fornitore di petrolio.

Conseguentemente, l’impatto sulla bolletta energetica di imprese e famiglie diventa sempre più pesante e difficilmente sostenibile. Per le imprese del terziario dei settori del commercio, della ricettività e della ristorazione – come scrive in una nota Confcommercio – un aggravamento del conflitto, con l’eventuale interruzione delle forniture di gas dalla Russia, potrebbe comportare una spesa energetica di quasi 30 miliardi di euro nel 2022, con un incremento di oltre il 160% rispetto al 2021. Per i carburanti,  il prezzo del petrolio spinge il gasolio oltre 1,8€ al litro e con il conflitto in corso per l’autotrasporto si rischia una maggiore spesa annua di 21 miliardi. Sono dunque sempre più urgenti misure strutturali per risolvere i nodi del nostro sistema energetico, a cominciare dalla riduzione della dipendenza dalle forniture estere, dalla revisione della fiscalità energetica e dall’abbattimento degli oneri generali di sistema. Confcommercio, in collaborazione con Nomisma Energia, ha stimato gli effetti del conflitto in Ucraina sulle imprese del terziario di mercato.

Commercio, turismo e ristorazione

Il prezzo del gas, quello più esposto alla crisi degli ultimi mesi – prosegue la nota – a inizio febbraio era intorno a 80€ per megawattora, per salire a 120€ il giorno dell’inizio del conflitto e toccare, in questi ultimi giorni, punte anche superiori a 170€, livelli incomparabili con i 25€ di un anno fa. Analoghi andamenti si registrano per l’elettricità i cui prezzi continuano ad oscillare sui valori record già toccati brevemente qualche settimana fa. L’evolversi della crisi russo-ucraina è ancora molto incerta ed è quindi solo possibile ipotizzare tre diversi scenari di andamento dei prezzi su cui basare le stime dell’impatto per le imprese del commercio, del turismo e della ristorazione in Italia in termini di maggiore, o minore, spesa nel corso del 2022 (v. tabella).

Elaborazioni e stime Confcommercio-Nomisma Energia

Primo scenario: nel caso di stabilizzazione dell’attuale situazione, con un prolungarsi della guerra, ma senza interruzione delle esportazioni di gas, la spesa per queste imprese sarebbe pari a 19,9mld €, 8,6 in più rispetto a quanto stimato per il 2021. Questo scenario è basato sulla stabilizzazione dei prezzi e delle tariffe sui valori già raggiunti ad inizio 2022, con i pesanti adeguamenti delle bollette già decisi a fine dicembre 2021.

Secondo scenario: nel caso di interruzioni delle esportazioni di gas dalla Russia, o per danni bellici, o per sanzioni economiche, i prezzi sui mercati internazionali avrebbero aumenti molto più marcati con riflessi sulle tariffe del gas e dell’elettricità che salirebbero almeno del 50%. Ciò farebbe schizzare la bolletta energetica delle imprese  a 29,9mld  €,  quasi tre volte il  livello del  2021 e lOmld € in più rispetto al già alto esborso stimato per il primo scenario.

Terzo scenario: nel caso di auspicabile rientro dello scontro bellico e con un accordo duraturo di cessate il fuoco, i prezzi scenderebbero in maniera significativa, di almeno il 40%, e ciò porterebbe la spesa del settore di nuovo verso valori più normali, non distanti da quelli del 2021, intorno ai 12mld € (8mld € in meno rispetto a quanto stimato per il 2022 in caso rimanessero gli alti prezzi di inizio anno).

Le proposte di Confcommercio

In ogni caso, le vicende di questi giorni dimostrano l’errore di non aver diversificato le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni. In Italia, la produzione di gas è stata ridotta da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020 a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi. Bisogna procedere spediti sul fronte della diversificazione, per superare quanto prima la vulnerabilità del nostro Paese ed evitare il rischio di crisi future.

Al di là del conflitto tra Russia ed Ucraina, resta quindi confermata la necessità di interventi in grado di bilanciare adeguatamente l’impatto dei rincari in bolletta e di risolvere strutturalmente i nodi che attanagliano il nostro sistema energetico. Le misure adottate recentemente dal Governo vanno nella giusta direzione, ma non sono ancora sufficienti. Serve un piano d’azione più ampio e strutturale per contenere l’eccessiva dipendenza della provvista energetica del Paese dalle forniture estere, abbattere il peso degli oneri generali di sistema – che hanno un costo stimato di quasi 17 mld per il 2022 che ricade su famiglie e imprese – e agire per il riordino della fiscalità energetica: dalla riduzione dal 22% al 10% dell’IVA sui consumi elettrici delle imprese del terziario di mercato – allineandola così a quella attualmente prevista per gli altri settori produttivi e per le famiglie – all’esclusione degli oneri generali di sistema dall’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto ed alla riduzione delle accise.

Sul fronte del caro carburanti, bene i primi interventi emergenziali introdotti a sostegno dell’autotrasporto dal recente “decreto bollette”. È necessario, però, agire strutturalmente sul carico fiscale del settore e in prospettiva vanno introdotte alcune modifiche alle proposte europee del pacchetto “FIT for 55”, per evitare che i costi della transizione diventino insostenibili per le imprese italiane.

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