Dopo la pandemia avremo una frenata degli investimenti? Turismo da riprogettare

Dopo la pandemia avremo una frenata degli investimenti? Turismo da riprogettare

Economisti e commentatori si sono soffermati sull’intervento del Governatore Ignazio Visco in occasione della “Giornata mondiale del risparmio 2021”. Pur cercando di trasmettere “ottimismo” il Governatore ha realisticamente detto che le cose non vanno bene. Vediamo quindi in sintesi cosa ha detto, e poi passiamo a ipotizzare su come il Turismo potrebbe rispondere ai temi sollevati nell’intervento. Abbiamo posto a Raffaello Zanini, AD di PLANETHOTEL.NET, esperto del campo immobiliare alberghiero, alcune domande.

D. Riprendendo ciò che ha affermato Visco, ad oggi quale è la situazione italiana per quanto riguarda il settore turistico?

R. Visco inizia il suo discorso dicendo che la pandemia ha causato una gravissima recessione. Facile confermare che tra i settori maggiormente colpiti c’è stato il turismo. Secondo ISNART nei primi tre trimestri del 2021 il PIL originato dal turismo è stato -40% del medesimo periodo del 2019. Le destinazioni maggiormente penalizzate sono state le città d’arte, le vacanze al mare hanno invece avuto un miglioramento sul 2020. Tra giugno e settembre di quest’anno, sempre secondo una recente ricerca ISNART, gli hotel non hanno raggiunto il 58% di occupazione, ed in agosto si sono fermati all’84%. In sostanza anche nel 2021 la crisi del turismo continua, tanto che si calcola che il 57% delle imprese turistiche chiuderanno l’anno in perdita. Cercando di sottolineare gli aspetti da “bicchiere mezzo pieno” Visco ricorda:

le esportazioni, che hanno beneficiato del riavvio degli scambi mondiali;

i consumi delle famiglie, favoriti dal miglioramento delle condizioni sanitarie;

– gli investimenti delle imprese.

Visco è preoccupato dalle difficoltà di approvvigionamento di materie prime e beni intermedi, dall’aumento dei prezzi dell’energia, e dall’inflazione, che prevede durerà “più a lungo di quanto inizialmente atteso”. La crisi pandemica si innesta sull’eredità lasciata dalle altre due crisi intervenute tra il 2007 e il 2013, quando il PIL era caduto dell’8,5% , tanto che nel 2019 il PIL era ancora il 4% sotto il livello del 2007.

D. Questi ultimi due anni di pandemia hanno sicuramente danneggiato la sfera turistica ma si può anche affermare che ci sono stati anche dei risvolti positivi?

R. Il 2019 è stato l’anno di una “ripartenza” anche per il turismo, salutata dagli operatori come l’inizio di una crescita che mancava da un decennio. Il Prodotto Pro Capite Italiano nel 1995 era il 10% più alto della media dei paesi dell’area Euro, mentre nel 2019 era di quasi 10 punti più basso della media di quei paesi, a testimonianza della lunga fase di bassa crescita dell’economia italiana per gli ultimi 25-30 anni.

D. Si trova d’accordo con quanto affermato dal Governatore Visco per quanto riguarda gli investimenti nel settore?

R. Per spiegare la modesta crescita tra il 2014 e il 2019, Visco sottolinea il ruolo dei “bassi” investimenti, tanto che nel 2019 gli investimenti erano ancora del 20% inferiori al livello del 2007. Dati ed esperienza personale confermano che dopo le crisi del 2008 e 2011 anche nel turismo si è avuta una forte frenata degli investimenti.

Secondo il Governatore per “rilanciare gli investimenti” è necessario eliminare le difficoltà per il risparmio privato di trovare utili occasioni di impiego nell’economia reale: infatti i capitali non mancano, dallo scoppio della pandemia i depositi di famiglie ed imprese presso le banche sono aumentati di oltre 200 miliardi di euro, la componente dei depositi e del circolante è cresciuta fino a rappresentare oggi un terzo del totale, così come sono aumentati gli investimenti nei fondi comuni e la raccolta in assicurazioni.

D. Quindi si può affermare che la finanza italiana sia un caso a sé rispetto agli altri paesi europei?

R. A pag. 6 del suo intervento Visco accende finalmente i riflettori sulla peculiarità della finanza italiana, che a noi del settore turistico deve interessare in modo particolare, visto che il turismo è un settore ad alta intensità di capitale, richiede investimenti ingenti per addetto, e in Italia ha una struttura ancora troppo frammentata. Ricorda Visco che la ricchezza finanziaria delle famiglie è investita:

– in Italia in fondi pensione solo per il 3% contro il 10% della media europea;

– in fondi comuni per il 15% in Italia, contro il 10% in Europa;

– in azioni e partecipazioni per il 21% in Italia contro il 18% in Europa.

Il problema è che la grande massa di denaro raccolta dai fondi finanzia assai poco le imprese italiane. Solo il 5% della raccolta va in azioni e obbligazioni, mentre in Germania è il 14% e in Francia ben il 34%. Ed anche l’investimento delle famiglie italiane in azioni e partecipazioni, che come sappiamo è superiore a quello medio europeo, si concentra in piccole imprese non quotate, dove la proprietà coincide con la gestione.

Questa analisi porta Visco a suggerire per l’economia in generale quello che personalmente proponevo per il settore alberghiero fin dal lontano 2009, quando indicavo l’esigenza di istituire Fondi comuni alberghieri, appositamente dedicati al settore. Mancano, dice Visco, strumenti liquidi e negoziabili, che possano attrarre il risparmio sia italiano che estero, finalizzato alla crescita patrimoniale delle imprese. Serve una razionalizzazione degli incentivi fiscali, per garantire una stabilità del quadro di riferimento fiscale e normativo.

Sono esattamente dieci anni che ho pubblicato un post sul tema. Mi rivolsi all’allora ministro Gnudi con queste parole: “Se il ministro Gnudi vuole davvero intervenire sul rinnovo del turismo italiano può farlo modificando la legge sui fondi comuni, istituendo dei fondi specializzati nell’alberghiero”. Nel 2014 mi rivolsi ancora al neo ministro Franceschini, cercando di attirare la sua attenzione su temi che “sembrano ‘strani’ (ma) provate ad occuparvene, provate a rifletterci e vedrete che sono importanti, anche se non avrete mai 100mila persone in piazza a richiedervi un intervento su questi temi. Invece i balneari in piazza li troverete di certo”:

– istituire fondi comuni di investimento dedicati al settore alberghiero;

– riprogettare la città turistica, cui avevo dedicato un bel convegno nel 2011.

Riteniamo che questi tipi di azioni di re-development siano possibili:

con l’apporto di forti capitali, che peraltro richiedono una redditività di tipo speculativo;

– ovvero mediante la guida di operatori con finalità consortile/solidale come i Fondi Comuni di Investimento che vedano l’apporto delle aree e degli immobili da parte delle proprietà quale passo iniziale per dare vita ad un piano di sviluppo”.

D. Quale pensa che sia il futuro delle strutture turistiche italiane?

R. Credo che abbiamo perso dieci anni, durante i quali non vi è stata quella crescita che servirebbe, se come è vero, i pochi investitori internazionali in strutture turistiche italiane non vogliono gestori italiani, i fondi per la ristrutturazione degli hotel non favoriscono la crescita dimensionale delle strutture, e Cassa Depositi fino ad ieri favoriva gestori stranieri prima di quelli italiani.

La responsabilità è dei ministri che hanno governato a lungo, del ritmo della politica che interrompe quello che di buono un ministro sta facendo, oltre che dello scarso coordinamento tra istituzioni ai vari livelli, in materia di urbanistica, finanza, fisco. Per fortuna che Ignazio Visco dice, con competenza ed autorevolezza diverse dalla mia, cosa serve a guardare lontano, verso un orizzonte di prospettiva, utile a noi e ai nostri figli. Anche per il turismo.

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