I dati Istat su lavoro indipendente: meno 350mila occupati da crisi Covid

I dati Istat su lavoro indipendente: meno 350mila occupati da crisi Covid

L’ISTAT ha rilevato – nel corso del primo semestre 2021 – un calo del fatturato dei servizi ricettivi dell’8,3% rispetto al primo semestre del 2020, che a sua volta aveva perso il 65,1% rispetto al primo semestre 2019. E’ un dato in linea con l’andamento delle presenze turistiche rilevato dall’osservatorio Federalberghi, che nel corso del medesimo periodo ha subito un calo del 67,3%, con la perdita di oltre 115 milioni di pernottamenti rispetto al 2019. Considerando che in un anno normale le presenze turistiche registrate da gennaio a giugno valgono circa il 40% del movimento complessivo, significa che è andato in fumo oltre il 25% del fatturato annuo.

Il buon andamento registrato a luglio e ad agosto da alcune componenti del mercato aiuta a guardare con fiducia al futuro ma sarebbe un grave errore pensare che tutti i problemi sono risolti. A soffrire di più sono le aziende e i territori che lavorano in prevalenza con i turisti stranieri e il turismo d’affari.

“Un lockdown infinito, che sta spazzando via imprenditori, artigiani, professionisti e autonomi. Nonostante i segnali di ripresa dell’economia e la stagione estiva, l’occupazione indipendente continua a soffrire: a luglio, secondo le stime Istat, si registra la scomparsa di altri 47mila posti di lavoro indipendenti rispetto a giugno, che porta il bilancio da inizio a pandemia a  oltre 350mila occupati in meno”. Così Confesercenti ha commentato, in una nota, le stime provvisorie Istat sull’occupazione di luglio. “La pandemia e le restrizioni hanno avuto un impatto fortissimo sugli indipendenti. Il Green Pass dovrebbe garantire di evitare nuove chiusure, ma la crisi non è ancora scongiurata. Ci troviamo in una fase delicata: i segnali di ripartenza ci sono, ma non in tutti i comparti: non basta la ripresina del turismo di agosto per cancellare un periodo di difficoltà che dura ormai da 18 mesi. Occorre dunque ancora mantenere alta l’attenzione e continuare a sostenere le attività economiche. In particolare, le piccole imprese del turismo, del commercio e dei servizi, che rappresentano il vitale tessuto economico ed occupazionale dei nostri territori e che hanno sofferto più di altri l’impatto della pandemia”.

“Anche se rispetto al trimestre precedente l’occupazione è aumentata dell’1,4% (317mila unità) non cresce al ritmo della straordinaria crescita economica del Paese”, ha dichiarato invece Lucio Poma, capoeconomista di Nomisma, secondo una nota diffusa dall’agenzia Teleborsa. “Questo perché la crescita del Paese è asimmetrica – ha spiegato – il dato del +2,7% del secondo trimestre nasconde, facendo somma a compensazione, una realtà diversa. Un gruppo di imprese (le imprese controvento) crescono a ritmi ben superiori del 2,7% e un altro gruppo di imprese cresce a ritmi inferiori e talvolta addirittura decresce. Ciò è conseguenza della trasformazione industriale che sta vivendo il paese: la rivoluzione di Industria 4.0. Questa crescita asimmetrica, a kappa se vogliamo, si riflette sull’occupazione e in particolare sui giovani. Da un lato rappresentano uno zoccolo elevato di disoccupazione, ma dall’altro vi sono molte imprese manifatturiere che lamentano di non trovare i giovani da assumere per gestire i nuovi processi di produzione”.

Oltre la metà delle micro imprese è intenzionata ad assumere personale nei prossimi sei mesi. Ma la crescita dell’occupazione è fortemente frenata dalle difficoltà, in molti casi dalla impossibilità, incontrate per reperire le figure professionali necessarie all’attività aziendale. A rilevarlo una indagine condotta dalla CNA su un campione di oltre 2mila tra artigiani, micro e piccole imprese, rappresentativo della realtà imprenditoriale nazionale, composto per più del 90% da imprese con meno di dieci addetti. Il 55,1% delle imprese che hanno partecipato all’indagine vorrebbe realizzare assunzioni entro gennaio 2022. Di queste il 52,7% ipotizza nel periodo in esame un’assunzione, ma il 33,8% propende per due e l’8,2% per tre.

Assunzioni che non sono destinate a fare fronte a un aumento meramente transitorio della domanda. Quasi due nuovi lavoratori su tre, infatti, sarebbero reclutati mediante contratti stabili: il 29,4% con il tempo indeterminato, il 20,2% con l’apprendistato, il 14,8% con il tirocinio formativo. Il 27,7% delle imprese punta sul tempo determinato, che è comunque contratto di qualità e rappresenta la formula giuridica ideale a soddisfare la flessibilità richiesta alle imprese più piccole.

(in collaborazione con Teleborsa)

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